Poesia

Intimo sacramento

21 novembre 2019

Come se niente fosse,
si ritrovò,
tra le uggiose,
arterie pedonali,
anche se,
la normalità,
era ormai,
irreversibilmente,
lordata,
attimi prima,
dall'odio feroce,
non più represso,
rattenuto,
dalle catene costrittive,
della ragione e
della calma.

Catene spezzate,
per scatenare
il braccio destro,
con movimenti rapidi,
colpo su colpo,
la mano,
attaccata al braccio,
impugnando,
un coltello da cucina,
affondava violentemente,
l'oggetto di carne flacida,
origine di un rancore,
accumulato,
anno su anno,
carica su carica,
il sovraccumulo,
ha portato
l'insano  atto
di un killer,
programmato,
dal ribrezzo,
dal contrario
della voce amare,
per olteappassare
il limite,
in pochi secondi,
nemmeno minuti,
a portare la morte,
con la faccia,
non umana,
come solo
la pazzia sa amnantare.

Si ritrovò,
tra le uggiose,
arterie pedonali,
cosa ho fatto,
si ripeteva,
in mezzo
alla pioggia,
mista a vomito,
cosa ho fatto
continuava
a ripetersi,
come una
cantilena stonata,
livida,
anormale,
I'm mezzo
alla pioggia
mista a piscio,
ma il sangue,
rimaneva,
come un verme,
rimaneva attaccato,
all'impermeabile,
a macchiare,
la coscienza,
sporca,
ma si accorse,
in quell'istante,
che in realtà
non provava niente,
quell'orrore cremisi,
faceva parte,
ormai,
era tutt'uno,
il suo più
intimo
sacramento.

Raggiunse il molo,
e aspetto solitario,
che la maschera
informe,
della fine 
lo
portasse via,
insieme al sudiciume,
tanto non sentiva
più niente,
aveva solo odio,
per il mondo
intero.

Cosi,
attese
la notte,
ma,
non gli portò
alcun consiglio,
lo fece sparire,
trascinandolo,
via mentre era
seduto su una
panchina senza
vergogna,
spuntata,
appiccicata,
a una chiatta,
che galleggiava,
sopra litri di sangue,
e viscere senza
un perché,
e il coltello da cucina,
appeso al cielo,
a posto del
satellite terreo,
non visibile,
in questa storia,
di contorta
disumanita.

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