Poesia

in morte di mauro rostagno

Beato sia quel fruscio
che di idee e ideali
malfermi passi indora e nobilita;
sulla panchina d’indomito amore di Saman
fragile eppur saldo odo
il comporsi soave d’una rivoluzione
della laica preghiera non più schiavo
ma frammento d’invulnerabile padrone;
respiro chiamarsi mai potrà
quello che custodir non sa
ogni uomo in tutti
e tutti in ogni uomo
della chitarra d’incessante,
consapevole impegno sociale
niun spezzar saprà
né il vibrare né il suono;
lotta continua è questo esistere
di anime vergini
d’indiavolati calcoli utilitaristici orfane
e al monarca d’una vera, infrangibile
giustizia sociale
dolcemente prostrate.
Abbandonato non mi hai mai
Spada addestrata a fendere e umiliare
Ogni germe olezzante di criminalità
Lucente e penetrante più ancora
sempre più ti volli e resi
quando tra i banchi sedevo dell’Università.
Rimembra allor,
uomo di ogni tempo e spazio
che Mauro svergognò
la ragnatela vigliacca del suo stesso morire
ricamando passi sull’erba fresca di un tempo
che tappeto di luce sempiterna d’umana,
ritrovata concordia
esser vuol per l’avvenire.

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