Diario

Lucifero, anticristo semiotico

Il paesaggio sonoro dell'Inferno dantesco viene delineato fin dal III canto. "Diverse lingue", "orribili favelle", un plurilinguismo caotico e deforme che restituisce l'immagine di una buia città dell'odio priva di ogni speranza. L'inferno è un luogo assoluto, il luogo della lingua morta, della parola che trasmette soltanto reazioni animalesche al male fisico e spirituale che sopravvive anche oltre la vita terrena. La parola torna ad assumere un barlume di senso solo ed esclusivamente nei dialoghi tra Dante e i dannati. Un filo di mondo riappare all'inferno, nel momento in cui le anime morte incontrano i due pellegrini. E se il gigante Nimrod, l'architetto della torre di Babele, è condannato a parlare una lingua di fonemi inarticolati, di cui lui soltanto conosce il codice, al fondo del pozzo infernale troviamo Lucifero, che nella sua orrenda, triplice, voracità, incarna il il Verbo ridotto a rumore. Una sorta di anticristo semiotico.

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