Diario

Carmelo Bene legge la "Vita Nova" di Dante

«Beatrice» è il nome inventato dai «molti […] li quali che non sapeano che si chiamare», scrive a chiare lettere Dante (Vita Nova II, 1). Questa indicazione deve essere presa sul serio, alla lettera. Non deve essere aggirata come se fosse un trucco per eludere la questione dell'identità della dama, afferma Carmelo Bene. «Beatrice» non è un nome proprio. Non si riferisce a nessuna realtà anagrafica. Da una parte, potremmo pensare a un «senhal» sullo stile tipico della poesia provenzale, ovvero un nome convenzionale dettato dall'intento di tutelare l'anonimato della dama. Carmelo Bene, invece, ci invita a uno sguardo più radicale, in un breve saggio che fa parte del volumetto "La voce di Narciso": «Beatrice» è la cifra dell'innominabile, e rimanda all'afasia della nominazione. Al venir meno della parola. «Beatrice» è lo snodo dello spazio letterario della "Vita Nova" e il crinale che permette al dire poetico di inoltrarsi nel dominio dell'Ineffabile, là dove non si parla più per soddisfare il "bisogno di comunicare" qualcosa a qualcuno, ma si canta per "isfogar la mente" e per portare a compimento la vertigine del desiderio.

Leave a Reply