Diario

Significante e desiderio nel "Paradiso" di Dante

Dante, in paradiso, non ha alcun bisogno di parlare ai beati allo scopo di comunicare qualcosa, trasmettere i propri pensieri, perché i beati leggono dentro di lui, non essendo impediti dallo spessore del corpo. Dante è un'anima trasparente per altrettante anime trasparenti che si collocano al di là del linguaggio. Si tratta di una vecchia intuizione del "De vulgari eloquentia" che nella terza cantica assume una funzione strutturale. Eppure, Beatrice e i beati non fanno che sollecitare Dante ad esprimersi, e a loro volta sono infiammati da un ardente desiderio di parlare, di rispondere alle sue domande. Questo aspetto straordinario della terza cantica, credo che vada interpretato alla luce del rapporto tra significante e desiderio: una volta affrancata dal bisogno di comunicare qualcosa a qualcuno, la parola torna ad essere manifestazione del desiderio, espressione di gaudio. Detto altrimenti: il Paradiso articola nello spazio di un’intera cantica il motto programmatico della canzone della Vita Nuova «Donne ch’avete intelletto d’amore»: «[…] i’ vo’ con voi de la mia donna dire, / non perch’io creda sua laude finire / ma ragionar per isfogar la mente». Nel regno dei beati non si parla per il "bisogno" di comunicare qualcosa a qualcuno, si parla per esprimere il "desiderio". Anzi, per estinguere il desiderio nel fuoco della parola poetica.

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