Diario

poesia e profezia nel mondo antico

Nella «Repubblica» Platone afferma che sono i figli degli dèi coloro che sono diventati poeti e profeti delle divinità, mentre un riferimento alla stirpe dei profeti compare anche nel «Timeo». Questa assimilazione di poesia e profezia, considerate entrambe ispirazioni divine, viene ripetuta nel «Fedro», nella teoria delle quattro «divine manie»: una ispirata da Apollo, una da Dioniso, una da Eros e una appunto dalle Muse; i poeti sono addirittura definiti i «profeti delle Muse». Il nesso tra profezia e poesia è chiaro, come sarà esplicitato nello «Ione»: il poeta è un ispirato, un posseduto, un canale sciamanico tra il nostro mondo e un altrove dai contorni imprecisati. La sua «techne» rappresenta solo l'elemento artigianale di cui dispone dopo un apprendistato più o meno lungo, ma il cuore, l'essenza del dire poetico non sta nel mezzo o nella forma, sta in quel che la forma veicola: e quel che veicola la poesia è sempre un dire altro, un dire dell'Altrove. Un dire l'Assoluto e il Divino.

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