6 settembre 2020
Ti scrivo,
non leggi,
leggevi,
mi scrivo,
per dire,
comunicare,
esprimere,
la waldstain
con i suoi
accordi melodici,
porta la stilografica,
nel chiuso
di un
confessionale,
tra le anguste,
e barocche
guglie,
di un
rinascimento,
mancato.
Acuto stridere
represso,
rivelato
a un prete,
nel segreto,
recitativo,
per diminuire,
il greve,
assillo,
che non
è
dimagrito,
e ingrassato:
La sua pancia,
tonda,
mi schiaccia,
sagoma,
appiccicata,
nei formicai,
sottosuolo,
organizzato,
laborioso,
si fa strada,
nelle
tortuose,
elaborazioni
che soggiornano
nel
sistema,
nervoso
centrale.
Abusivo,
concreto
vivere,
dopo
essermi
venuto
a trovare,
lascia
il mio corpo,
orbe sotterraneo,
ritornare.
Ti scrivo,
non leggi,
leggevi,
mi scrivo,
il desiderio,
la speranza,
del cinema,
di nicchia,
di essere
quantomeno,
popolare,
in un futuro,
post atomico,
senza più
sacrari,
da abbatere
le ginocchia,
ma vaporosi,
istanti,
di quello
che fu,
e mai
sarà più.
L'ambientazione,
prende il
sopravvento,
prende la mia
mano,
mi porta ad
annusare,
la sopravvivenza,
il suo nuovo
antico
arsenale,
tra le onde
riarse,
del nulla:
Protezioni,
sportive,
usate,
come
armature
tribali,
bastioni,
diroccati,
navi consolari,
aborti di ferro,
carne fusa,
polverizzati.
Vascelli fantasma,
nei crateri,
lunari,
incaglati,
dipinti,
nel celeste,
velo,
nero,
presagio,
screzziato
di morte.
Una tanica,
di benzina,
d'acqua,
una briciola,
di pasto,
di questo,
si vive,
si muore.
La civiltà,
rimasta,
si nasconde,
dalle pioggie
acide,
dalle
contaminazioni,
mostruose,
su gambe,
dagli
spauracchi,
spuntati,
dall'indefinito
presente,
passato.
Ma una parte,
è predatore,
per non
soccombere,
al disfacimento,
interno,
esterno,
portato,
da
quelle
desolazioni,
pennellate,
dalle ali,
di una
ingiustificata,
guerra.
I brividi,
mi fermano,
perdo la presa,
cade,
la stilografica,
sulla
superficie,
marmorea,
segreta,
non visibile.
Ti scrivevo,
non leggi,
leggevi,
mi scrivevo,
la waldstain,
ha smesso,
di correre,
le sue
scale.