14 marzo 2020
Mi sembra di essere
tornato indietro nel tempo
Senza alcun artificio
da macchinario,
uscito da una fabbrica
in un futuro post apocalittico:
Un periodo in cui,
aiutavo mia madre,
a comprare
nella nostra personale
via,
tra i cocci,
della sua memoria,
riversi a formare
un tappeto
senza più padrone
d'appartenenza.
Poi i cocci sono
diventati troppi,
non era solo dimenticare,
come si contano le monete,
e i fogli in taglio di valuta,
era dimenticare come si
trucca il viso,
pasticcio non uniforme
di colori,
era dimenticare la realtà
che la circondava,
disconoscendo
ciò che in remote ere
aveva un senso,
era cucire un tappeto,
troppo lungo per poterci
camminare,
nella nostra personale
via.
Ho iniziato ad andare da solo,
con la malinconia,
a portarmi le borse
della spesa,
e le lacrime segrete,
le lacrime più intime
a contare gli spiccioli,
e le banconote,
per pagare il totale
d'acquisto.
Poi non so quando,
mi sono spinto più in là,
più in giù,
a comprare lontano
dalla nostra personale
via
come a esorcizzare
il male che sparge
petali di rose nere,
a costruire una
sala da ballo
per farvi danzare
il demonio
con i suoi passi
di fuoco e brace,
tra le ceneri
di ciò che fu.
Per combattere
un nemico pericoloso,
virulentento,
mi sembra di essere
tornato indietro nel tempo:
Questa volta però,
siamo in guerra:
Nella nostra personale,
via,
compro le provviste
necessarie,
tra mazzi di carte
vive e tremanti,
sparsi in ogni dove,
ogni carta,
una rappresentante
prezzzioso,
della specie umana,
ogni carta distante,
l'una dall'altra un metro.
Ogni tanto perdo
i battiti del cuore,
e sento il respiro
venire meno,
il panico mi tenta,
vuole che mi lascio andare,
che svengo,
tra gli scaffali,
tra le merci disposte,
come soldati temerari,
in una trincea pandemica.
Il virus conta
numerosi alleati
l'invisibilita
la fragilità,
ma sopratutto
la pochezza
dell'egoista,
che vive come
sempre,
ignorante,
narciso,
egocentrico,
di sé stesso si ciba,
non curante,
del significato
e valore
profondo
della parola
comunità.